Il coreografo Andrea Costanzo Martini e la videomaker Cindy Séchet sono in residenza creativa a Villa Nappi per lavorare allo spettacolo La camera du roi dal 2 al 13 aprile.

Il progetto La camera du roi nasce dalla collaborazione del Coreografo Andrea Costanzo Martini assieme all’artista Video Cindy Sechet.
I primi passi della creazione avvengono in seno all’azione “Motori di Ricerca” organizzato da Chiara Castellazzi in collaborazione con BTT, Piemonte dal Vivo e Charleroi Danse.
Dopo 20 giorni di residenza una prima bozza del lavoro, di una quarantina di minuti, emerge già completamente delineata nella struttura e nella fantasia.

Un re, una telecamera, uno schermo gigante.
Un mondo distopico in cui un personaggio inverosimile, un ipotetico Re francese alla prime armi con il balletto, viene accompagnato nel suo megalomane desiderio di performance da una telecamera con una volontà propria, e da uno schermo gigante degno di una popstar.
Un re, vestito solamente della propria immagine e del proprio ruolo. Questo personaggio ricerca l’eccellenza e la precisione del gesto, in maniera inequivocabile. Combatte contro forze altre per poter imporre il proprio disegno e il proprio linguaggio. Il suo sforzo, malcelato, è quello di offrirsi sempre al meglio nonostante l’incontro violento tra la sua volontà e la realtà di un corpo frammentato e scomposto, che poco a nulla vuol sapere di obbedire al suo ego. Si smonta e rimonta in continuazione alla ricerca della posa perfetta per poi farsi sfuggire un dettaglio fondamentale. Si allunga, si contorce, si raddrizza, si offre in mille modi e versioni. Consapevole dell’occhio critico del pubblico si accanisce in una ricerca di virtuosismo estremo, di totale controllo, per poi lasciarsi sconfiggere suo malgrado da fantasmi più forti di lui.
Un uomo solo, ossessionato dalla necessità di essere ammirato, amato, osservato e allo stesso tempo imprigionato da uno sguardo che non si spegne mai.
Proprio l’esplorazione dello sguardo è uno dei temi principali di questo lavoro e in generale un filo conduttore della mia ricerca coreografica: cosa significa darsi a vedere ad un pubblico e come può l’immagine, il personaggio, aiutare il performer a rimanere presente sul palcoscenico.
Lo sguardo del pubblico ha un potere sulla carne, la può ammorbidire quando questa accetta che esso si posi su di lei, o la può rendere corazza impenetrabile. Il modo in cui il performer accoglie gli occhi del pubblico si riflette nella sua performance. Il suo stesso sguardo può diventare un invito o una promessa di battaglia. Lo sguardo è una delle porte tra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori, in stretta relazione con la pelle, e con tutti i sensi del corpo. Il senso stesso dello spettacolo, per me, si trova nel gioco tra ciò che si vuole e dare a vedere e ciò che si da a vedere per necessità. Il re è personaggio pubblico, come il danzatore, oggetto di scrutinio continuo.
E se questo continuo essere sotto la lente d’ingrandimento, al centro dell’attenzione, risponde certamente al desiderio narcisistico di affermazione della propria immagine tipico del re, esso può trasformarsi in paranoia, la caratteristica comune a tutti i potenti. La certezza, il terrore, di uno sguardo impietoso che non si ferma di fronte a nulla.
Come quello della telecamera
La telecamera, estensione dell’occhio del pubblico che arriva oltre ai limiti del palcoscenico, che testimonia il prima e il dopo di ciò che viene dato a vedere normalmente allo spettatore; la telecamera che trasforma qualcosa di banale in oggetto sublime del desiderio; la telecamera che offre uno sguardo altro rispetto a quello frontale dell’audience; la telecamera guardona che esplora, che si insinua, che si avvicina’ che spia; la telecamera che inganna; la telecamera complice, che respira, che danza e si muove all’unisono col performer; la telecamera che crea una realtà terza, meravigliosa quanto inesistente ma più vera del vero; la telecamera che non è nulla senza una mano che la sorregga, senza un occhio nel mirino, senza un oggetto da immortalare. La relazione tra ciò che la camera da a vedere e ciò che effettivamente succede viene messa in discussione, così come la necessità di avere un controllo sulla propria immagine.
Dietro alla telecamera una persona, presente ma invisibile per la maggior parte del tempo, a volte involontariamente, percorre lo spazio dei camerini rendendoli palcoscenico di situazioni inverosimili, come il set set di un film, a volte giallo, a volte commedia , a volte horror.
Come in un film, il montaggio è un elemento chiave della coreografia.
Effetti speciali, editing, moviola e stop motion vengono messi al microscopio, esplorati non solo come strumenti cinematografici ma come opzioni coreografiche.
Sulla scena un enorme schermo mette in risalto ciò che veramente è centrale nel lavoro, vale a dire l’immagine stessa, servita al meglio.
A volte è solo il maxischermo a dominare lo spazio; a volte invece agisce in sinergia con il performer presente sul palcoscenico, mettendo in discussione cosa sia più importante, l’immagine finale o il modo in cui essa viene prodotta.
Lo schermo diventa un’arma a doppio taglio. Se da un lato offre al performer un duplicato di sé permettendogli di occupare ancora più spazio nella cornice del palcoscenico, dall’altra grazie alla sua dimensione, brillantezza, velocità e punto di vista privilegiato , gli ruba la scena, costringendolo a una impossibile lotta contro sé stesso.
Nel processo creativo ci siamo domandati che cosa sia l’immagine oggi, e quali siano i sistemi per renderla il più efficace possibile.
Ci siamo posti come limite la presa diretta e l’uso esclusivo della telecamera di Cindy, piuttosto semplice nelle opzioni. La sfida si è dunque spostata sul campo della manipolazione “live” dell’immagine. Cindy si cimenta in un’impresa ai limite del possibile: creare un film in diretta con l’illusione di un montaggio.
Con le mani davanti all’obbiettivo taglia le immagini, le sfoca in una sorta di filtro “instagram” fatto in casa, accelera o rallenta e diventa a sua volta un oggetto coreografico. La sua presenza si rivela appieno nel momento in cui entra sulla scena e rivela il gioco in un crescendo virtuoso che include, in sincronia con il mio movimento, l’effetto slow motion, rewind, stop motion e quant’altro.
Si viene dunque a creare uno spazio nel quale al pubblico si propone una scelta: lasciarsi andare all’illusione, e quindi seguire solamente ciò che avviene sullo schermo, oppure seguire l’azione dal vivo, godendosi quindi lo spettacolo senza filtri, testimone della macchinosa operazione in atto. C’è una terza scelta, ovvero tentare di assorbire tutto, inclusa la relazione di potere che si instaura tra i vari elementi scenografici. Chi è a controllare lo show?
E’ il danzatore coreografo?
E’ la camerawoman?
E’ il re sullo schermo?
E’ la telecamera stessa?
La coerenza del lavoro non si basa più sulla narrazione ma sugli elementi, a prima vista disconnessi tra loro, e sulla nuova logica che la relazione tra questi viene a creare.
In tutto questo un sentimento emerge chiaro, ed è quello della solitudine estrema alla quale si auto-condanna il soggetto nel suo ossessivo riflettersi.
Per quanto riccamente vestito, il re è sempre nudo allo sguardo dell’innocente.

ANDREA COSTANZO MARTINI

Andrea Costanzo Martini, è nato e cresciuto in Piemonte (Cuneo) dove ha cominciato i primi studi di danza contemporanea e balletto prima al centro di danza contemporanea Danzicherie di Cuneo sotto la guida di Mariacristina Fontanelle, e poi al Teatro Nuovo di Torino con Daniela Chianini.
A 19 anni, finito il Liceo Classico, si trasferisce a Monaco di Baviera in Germania per frequentare l’Accademia di Balletto Heinz Bost Stiftung.
Nel 2004 riceve il suo primo ingaggio con la compagnia Aalto Staat Theater di Essen dove lavora per due anni.
Nel 2006 si unisce all’ensemble BATSHEVA e due anni dopo alla BATSHEVA DANCE COMPANY dove ,oltre a ballare nei lavori di Ohad Naharin e Sharon Eyal, comincia a muovere i primi passi come Coreografo e Insegnante di Gaga.
Dopo quattro anni ottiene un ingaggio con il CULLBERG BALLET di Stoccolma dove partecipa in lavori di Benoit Lachambre, Alexander Ekman, Crystal Pite, Jefta Van Dinter e Tillman O’Donnel. Con la compagnia crea un pezzo per sei uomini “For men only” che viene presentato al Moderna Dans Theater di Stoccolma.
Partecipa anche al programma “This empty stage an ocean” diretto da Debora Hay”, una ricerca sulla Performance come pratica.
Nel 2012 ritorna in Israele dove comincia a lavorare con la INBAL PINTO & AVSHALOM POLLACK DANCE COMPANY e dove crea il solo “What Happened in Torino” .
Nel marzo 2013 riceve il primo premio per Performance e Coreografia alla “International Tanz Solo Competition Stuttgart”.
Il pezzo viene successivamente presentato in molti teatri Europei e nel 2016 arriva alla Vetrina Anticorpi XL a Ravenna.
Grazie al supporto di Tanz Haus Zurich, Suzan Dellal Center e Teiva Theater Tel Aviv nel 2014 presenta ad Aix en Provence il duetto “Tropical” al Pavillon Noir/Preljocaj.
Il 2015 lo vede impegnato con diverse creazioni per il Workshop Gaaton nel Nord di Israele e alcune collaborazioni con artisti Israeliani (Roee Efrat e Neomi Zuckerman) e Italiani (Francesca Foscarini-Vocazione all’asimmetria).
Debutta ad agosto il solo Trop a Tel Aviv.
Nel giugno 2015 presenta nella Galleria d’arte Alfred a Tel Aviv l’installazione “Filthy Guilty aaaaAAAAAHHHHHH” e a luglio il duetto “VOGLIO VOGLIA” nella Palazzina di Caccia di Stupinigi per il Festival “Teatro a Corte”.
Nel mese di ottobre 2015 ottiene il premio del pubblico con il solo “What Happened in Torino” alla Mas Danza Competition, Gran Canaria.
Nel 2016 ,oltre a numerose tournée internazionali con “Trop” e “What Happened in Torino” ,crea il solo “Occhio di Bue” per il Festival “Teatro a Corte”, un lavoro site specific per il Teatrino di Agliè.
Il pezzo ottiene il secondo premio della giuria alla “International Jerusalem dance competition 2016”
Il 3 Novembre 2016 presenta il nuovo duetto “SCARABEO, gli angoli e il vuoto” a Tel Aviv nel contesto del Festival “Curtain Up Premieres”.
Il 2017 vede il debutto del lavoro site specific “Solo Bonotto” come parte del Festival Opera Estate 2017 presso la fondazione Bonotto di Molvena e di “Rootchop#2” un lavoro per giovani danzatrici Venete. E’ anche l’inizio della collaborazione con il collettivo dei
“Dance Makers” supportato dal “Centro della Scena Contemporanea” di Bassano del Grappa (Vicenza) e dalla rete Residence XL.
Nello stesso anno presenta il lavoro SCARABEO in Italia (Polverigi-INTeatro Festival), Svezia (Gothenburg), Sud Corea (Seoul), e Kalamata (Kalamata Dance Festival).
Nel Novembre 2017 il duetto viene selezionato dal Festival Aerowaves Twenty 2018.
Nel 2018 crea, su commissione, “Arabesque d’emergenza” per il collettivo dei Dance Makers, “INTRO” per il Balletto di Roma e “Balera” per il Balletto Teatro di Torino. Comincia inoltre una collaborazione, sostenuta da BTT, Piemonte dal Vivo e Charleroi Danse, con la artista video Cindy Sechet per un duetto per un danzatore e telecamera “La camera du Roi”.
Tra Marzo e Novembre presenta i suoi lavori nel contesto di una tournée internazionale a “TanzHaus Zurich”, “Shanghai Int. Dance Center”, “The Place” London, “La briqueterie” – Paris, “Les Brigittines” – Brussels e “B-Motion Festival” – Bassano del Grappa tra gli altri.
Parallelamente alla sua attività di coreografo e performer Andrea è un istruttore di Gaga e tiene regolarmente workshops in Israele e in Europa (Svezia, Regno Unito, Spagna, Italia, Germania,Francia etc).

CINDY SÉCHET

Cindy Séchet è un’artista video formatasi all’ISAC (Istituto superiore di arti e coreografie di Bruxelles). Ha inoltre conseguito una laurea in cinema e montaggio alla Sorbonne Nouvelle (Parigi) e un master in documentario presso La Fémis (Parigi).
Nel 2015 ha diretto un primo film documentario intitolato “AVEC LES GENS DE CHEZ MOI”, girato nel cuore di un processo di creazione coreografica. Attualmente sta lavorando alla stesura di un secondo film documentario sul ruolo del corpo degli uomini nel mondo del lavoro co-diretto dal videografo e fotografo Fanny Vandecandelaere.
Parallelamente al progetto “Motori di Ricerca”, collabora anche con Stéphane Menti per la creazione di uno spettacolo dal titolo “La salle des fêtes” che mixa video, coreografia e performance.